martedì 27 novembre 2012

Théresè Raquin, antitesi del romanzo d’amore


Fra gli scrittori francesi dell’Ottocento Gustave Flaubert è quello che prediligo, più per il romanzo ‘L’ Educazione Sentimentale’, pregno di diversi riferimenti autobiografici, che per ‘Madame Bovary’, considerato il suo capolavoro. Naturalmente il gusto è strettamente personale. Grazie poi ad una copia di un libro che mi è stato passato/regalato di recente, mi sono imbattuta in Emile Zola, noto per memorie scolastiche per la sua famosa opera ‘Nana’, ma che mai avevo affrontato in ‘Thérèse Raquin’, il romanzo di cui volevo qui commentare la singolarità. Per un’appassionata di romanzi romantici dell’Ottocento, a lieto o tragico fine, ma in ogni caso narrazioni di storie d’amore, di passione profonda e totalizzante che tale sentimento può generare, leggere ‘Thérèse Raquin’ lascia un po’ perplessi. Le premesse lasciano ben sperare, si narra di un triangolo amoroso, una lei giovane, inesperta e un po’ insoddisfatta, un lui parente prossimo, coniuge predestinato, insulso e malaticcio, il terzo, l’altro, belloccio, vigoroso e mediocre pittore perditempo. C’è anche il colpo di scena, l’omicidio premeditato per poter superare le insormontabili difficoltà del coronamento della passione/amore e anche il tragico finale, che porta i due amanti a soccombere al rimorso di coscienza per l’efferatezza dell’atto commesso. Così pare o meglio così poteva essere se volutamente invece l’autore non avesse inteso stendere una rappresentazione scientifica, quasi fisiologica delle reazioni di diverse persone coinvolte in una relazione interpersonale. Si parla infatti non di sentimento ma di impulso, di attrazione carnale e quasi animalesca fra gli amanti: lei, Thérèse, che scopre per la prima volta cosa vuol dire essere attratta da un uomo, lui, Laurent, che brama la donna altrui, la sensualità esotica (lei è di origini metà francesi metà nordafricane). I personaggi vengono descritti attraverso i loro temperamenti, sono umili, scialbi e rozzi: nel caso di Camille, l’ignaro marito, o degli amici delle serate conviviali del giovedì, sono descritti come insulsi e non troppo dotati cognitivamente. Perfino il colore degli ambienti in cui si svolge la storia, i sobborghi di Parigi, dei connotati e finanche della pelle stessa dei personaggi definisce lo stato di bassezza e degradazione dei personaggi.
Altro protagonista drammatico è la tremenda suocera, la merciaia Madame Raquin, che colma d’amore lo sfortunato figlio fino a renderlo schiavo del suo iperprotezionismo e che in seguito, inconsapevolmente, benedice il matrimonio dei due fedifraghi e assassini dello stesso amato figlio. Tutto degrada progressivamente, il senso di colpa per l’omicidio commesso si manifesta attraverso il susseguirsi di crisi nervose che generano allucinazioni che si presentano sottoforma di immagini sfigurate del defunto che perseguitano i colpevoli.
Anche il povero gatto della merciaia, muto testimone delle vicende della casa, finisce spappolato contro un muro fuori dalla finestra in uno scatto d’ira del possente Laurent.
Questo è il realismo o ancor meglio il naturalismo di Zola, che con questo romanzo se ne afferma come padre fondatore, ma che contemporaneamente condanna e sfata ogni bellezza romantica del romanzo d’amore. Nel suo genere non si può dire che non sia comunque straordinario, anche se è piuttosto lontano dall’essere fra i miei romanzi preferiti.
La rappresentazione cinematografica del romanzo di Zola che suggerisco di vedere è il film del 1953 con interpreti un Raf Vallone, perfetto nei panni di Laurent e una bellissima Simone Signoret, nei panni di Thérèse. La curiosità di questa versione cinematografica è che il romanzo originale si svolge nella seconda parte dell’Ottocento mentre il film è trasposto negli anni Cinquanta, quindi modernizzato, attualizzato e decisamente un po’ più romantico.
Informo invece, per chi non ne fosse a conoscenza, che a marzo 2013 dovrebbe invece uscire una nuova versione cinematografica in costume di ‘Thérèse Raquin, del regista C. Stratton, con interpreti Tom Felton (ex Malfoy, maghetto biondo e cattivo di Henry Potter) nei panni di Camille e Elizabeth Olsen, sorella maggiore delle più famose gemelle prodigio del cinema americano, in quelli di Thérèse. Secondo me sarà bellissimo, ma non all’altezza dell’attesissimo Anna Karenina…

domenica 11 novembre 2012

La camera di Catherine Earnshaw, riugio dell'amore simbiotico e assoluto per Heathcliff


La prima volta che ho letto ‘Cime Tempestose’, l’indimenticabile quanto sconcertante romanzo di Emily Brontë, fra le particolarità che mi sono rimaste impresse e che hanno alimentato la mia immaginazione sui luoghi e ambienti in cui si è consumata una delle più note e tragiche storie d' amore narrate nell’800, spicca la descrizione della camera da letto di Catherine Earnshaw .
Catherine è la protagonista della passione tanto distruttiva quanto indissolubile provata e corrisposta da Heathcliff, un trovatello di ignote origini portato a casa dal padre di lei. Fin da piccoli fra i due si sviluppa un rapporto intenso, selvaggio e simbiotico che trova come luogo di innocente intimità la camera da letto di Catherine, dove spesso i due bambini si rifugiavano a dormire abbracciati.
Molti anni dopo Lockwood, un malcapitato ospite di ‘Wunthering Heights’, la residenza prima della famiglia Earnshaw poi di Heathcliff, così descrive la stanza in cui viene alloggiato (all’insaputa del proprietario) per l’unica e insonne notte in cui fu costretto a fermarsi.

“..chiusi la porta e mi guardai attorno cercando il letto. Per tutto arredamento vidi una sedia, un cassettone, e una sorta di grande armadio di quercia, con riquadri tagliati in alto simili ai finestrini di una carrozza. Avvicinatomi a quella singolare struttura, guardai dentro e vidi che si trattava di uno strano tipo di letto all’antica, concepito molto efficacemente per ovviare alla necessità che ogni membro della famiglia avesse una stanza tutta per sé. In realtà, costituiva da solo una piccola stanza; e il davanzale di una finestra, che racchiudeva, serviva da tavolino.

Per entrare dentro questa specie di armadio-letto bisognava far scorrere dei pannelli o ante. Una camera che nasconde una camera più piccola quindi, rifugio antico di un amore assoluto e primitivo, fatto di legno intarsiato pesante su cui sono stati incisi a mano dagli stessi innamorati i loro nomi, quasi ad indicarne l’esclusiva proprietà.
E così infatti è: Lockwood, l’intruso, non fa in tempo a coricarsi che viene subito svegliato e terrorizzato dal fantasma di Catherine che gli chiede di entrare dalla finestra e a cui lui immagina anche di toccare le mani gelide. Heathcliff, richiamato dall’urlo dell’ospite in quel luogo sacro per lui e maledetto per gli altri, dopo aver ascoltato cosa era accaduto, scaccia via Lockwood e rimane prima seduto nel letto amato, scosso da una forte emozione e poi, spalancando la finestra, urla fra le lacrime allo spirito della sua amata di entrare e tornare a lui.

La stessa stanza-armadio è anche il luogo dove Heathcliff si rifugia negli ultimi giorni della sua tormentata vita, quando pervaso da quello che lui stesso definisce un ‘cambiamento’, digiuno da giorni e spossato dal dolore e dalle allucinazioni che il suo inconsolabile amore gli infligge, in uno stato di quasi ultraterrena beatitudine trapassa e si ricongiunge alla sua amata. Steso sul letto e con la mano verso la finestra, così viene trovato dalla domestica Nelly, con gli occhi aperti e uno strano sorriso quasi a farsi beffe della morte.

Il film che in assoluto ha riprodotto più fedelmente la stanza e che fa capire il mistero e la magia di questo luogo è ‘Wunthering Heights’ del 1992, con interpreti Ralph Fiennes e Juliette Binoche (nel video qui sotto, dettagli vibili nei sec. 45 e 46). Emozionante la scena di Heathcliff che si avvicina e prende la mano del fantasma di bambina di Catherine davanti ai pannelli della camera-armadio da cui filtra una luce  sovrannaturale.


Mi piace pensare che questo strano posto, che a fatica all’inizio ho focalizzato nella mia mente proprio per la sua particolarità, sia stato davvero il luogo eletto dove si è consolidato l’amore dei due protagonisti e dove finalmente hanno avuto la possibilità di ricongiungersi, dopo la separazione fisica dovuta alla prematura morte di lei. Catherine è andata a prendere il suo Heathcliff in questa camera, nel momento in cui lui, terminato il suo ciclo di vendetta per sanare tutti i torti subiti, è stato pronto ad accoglierla e a sublimarsi definitivamente con la sua anima.
Si perché questo amore non parla della complementarietà degli amanti, ma della loro completa identificazione dell’una nell’altro: ‘…io sono Heathcliff..’ dice Catherine,  ‘..non posso vivere senza la mia anima..’ dice Heathcliff riferendosi a lei. In quel luogo eletto dunque le due anime si uniscono indissolubili e trovano finalmente pace.

martedì 6 novembre 2012

Le sfumature di Mr. Rochester


Mr Edward Rochester , protagonista maschile di ‘Jane Eyre’ creato dalla fervida immaginazione di Charlotte Brontë, è uno dei personaggi più problematici ed affascinanti fra i vari ‘principi azzurri’ incontrati nella letteratura romantica dell’800. In giovane età e controvoglia viene obbligato dal padre a contrarre un matrimonio combinato con una bella donna di origini Jamaicane, Bertha Mason, portatrice però di tare ereditarie tali che in breve tempo esploderanno nella nota follia distruttiva. Rochester però, da vero gentiluomo, preferisce provare a gestire il problema confinando la poveretta nella soffitta del suo palazzo signorile con una badante, piuttosto che rinchiuderla in un manicomio. Nel frattempo però, distrutto dal dolore, comincia una vita dissoluta e vagabonda che lo porta a varcare le soglie dell’inferno, come lui stesso definirà poi in più tarda età il periodo più nero della sua vita. Si innamora quindi di una giovane francese dai dubbi costumi, che lo usa però per godere del suo patrimonio e che gli lascia anche in affido la piccola creatura di cui rimane incinta ma di cui Rochester non sembra esserne il padre.  Anche se un po’ malamente, si occupa dunque oltre che della moglie pazza anche di Adéle, la bambina divenuta sua protetta. Ancor più disperato e deluso da tutte le circostanze negative che la vita gli ha riservato, si abbandona ai vizi e si corazza dietro un carattere burbero e misantropo che diversi anni più tardi verrà scalfito solo dalla luce che finalmente riuscirà a riportargli la giovanissima istitutrice di Adéle, Jane Eyre. Innamoratosi  profondamente di lei,  dovrà però fare ancora un po’ di strada per redimersi del tutto dalle brutture acquisite negli anni bui, passando attraverso molte bugie, un tentativo sventato all’ultimo di poligamia, ripetuti tentativi di omicidio nei suoi confronti da parte della moglie sì pazza ma anche gelosa e una cecità quasi totale, conseguenza dell’incendio appiccato dalla stessa Bertha, grazie al quale lei uscirà di scena.
Nonostante tutto però Jane Eyre, e anche tutte le lettrici appassionate del romanzo, non sono riuscite a fare a meno di innamorarsi di questo uomo non giovane, non bello, robusto e con gli arti un po’ tozzi, scontroso e, apparentemente con un’unica nota positiva, ovvero un bel patrimonio. Sono infatti la forza e la fragilità, contrapposte ma unite nello stesso affascinante personaggio, che lo rendono irresistibile e che scatenano nell’eroina del romanzo l’attrazione fatale che la riporterà a lui dopo aver cercato invano di sfuggirgli.
Dei tre attori che hanno personificato Mr. Rochester nei due più famosi film intitolati ‘Jane Eyre’(del 1996 il primo e del 2011 il secondo) e in una miniserie della BBC del 2006, vorrei descrivere le diverse caratteristiche che ciascuno di loro ha messo in evidenza, senza mai snaturare il personaggio e, a mio avviso, completandolo in tutta la sua bellezza romantica.

William Hurt, nel film di Franco Zeffirelli del 1992 con la bravissima e fisicamente più rappresentativa Charlotte Gainsbourg nella controparte di Jane Eyre, è il Rochester che meglio rappresenta l’età matura del protagonista, la sua sconsolatezza ed irriducibilità dell’ingiusto passato, attraverso il malinconico sguardo con cui osserva ogni cosa. Bellissima interpretazione, per me la più romantica.

Toby Stephens, nella miniserie della BBC del 2006 è un Rochester molto convincente, passionale, piuttosto aderente al romanzo, un po’ più della Jane Eyre interpretata da Ruth Wilson. Gli unici aspetti che forse si allontanano un po’ dal personaggio originale, ma che contemporaneamente esaltano l’immaginario dell’innamorato perfetto, sono la eccessiva  bellezza del protagonista, tutt’altro che banale, e la scarsa differenza di età che si percepisce fra Edward e Jane.

Infine Michael Fassbender nel  recente ‘Jane Eyre’ del 2011, che dire di lui? Il mio preferito in assoluto, non troppo bello ma il più passionale, carnale, mascalzone e sexy Rochester che si sia mai visto nello schermo.
Fa venire i brividi il richiamo ‘Janeeee..’ nella brughiera solitaria che la protagonista sente come irresistibile richiamo-allucinazione del suo amato, che la porta a ricongiungersi a lui ormai del tutto redento.
In un’intervista di Fassbender, l’attore dice che per interpretare questo richiamo nella mente della sua amata, ha preso spunto da Laurence Oliver che  ha interpretato Heathcliff nel film ‘Cime tempestose’ del 1939.. e non a caso aggiungerei.

Quindi diverse sono le sfumature date alle interpretazioni da questi bravi attori, ma sempre unico resta il magnifico Mr. Edward Rochester.

venerdì 2 novembre 2012

Sorelle e fratelli a confronto nei romanzi di Jane Austen


In questa giornata di quiete festiva, agognata e anche un pò forzata dal tempo, mi piaceva l’idea di provare a confrontare per caratteristiche e particolarità le molte sorelle e i pochi fratelli delle eroine dei romanzi della carissima Jane Austen.
Partendo da una pura indicazione numerica, si passa dalla presenza descritta di una sola sorella a un generico ‘molti fratelli e sorelle’ cosa che, se per i tempi poteva rappresentare la normalità, oggi i rari casi a due cifre sollevano meraviglia e preoccupazione su come sia possibile e faticosa la gestione familiare.
Quindi di seguito troviamo che:
- in ‘Emma’ l’eroina del romanzo ha una sorella più grande;
- in ‘Ragione e Sentimento’ e in ‘Persuasione’ si parla di 3 sorelle per ciascun romanzo comprese le protagoniste;
- in ‘Orgoglio e Pregiudizio’ si narra delle 5 sorelle più famose;                                                    
- ne ‘I Watson’, romanzo incompleto, sono presenti 4 sorelle e 2 fratelli nel complesso;
- in ‘Northanger Abbey’ e in ‘Mansfield Park’ si scrive di un fratello grande che spicca fra gli altri ‘molti fratelli e sorelle più piccoli’ delle protagoniste.
Naturalmente sono le personalità di questi stretti parenti delle nostre eroine, e non la loro numerosità, che meritano l’attenzione più grande, per cui proverò qui sotto a farne una sintesi.

Sorelle ipocondriache: la sorella di Emma del romanzo omonimo, di nome Isabella,  viene descritta come dal buon carattere, molto devota al marito ma anche ansiosa e perennemente preoccupata della sua salute e soprattutto di quella dei figli, caratteristica ereditata dal padre, Mr Woodhouse. Ne esce comunque come personaggio positivo sebbene lontano dalla protagonista poiché immersa nel suo privato mondo familiare. Un po’ più negativo, ma simpatico a modo suo, il personaggio della sorella minore di Anne Elliot, Mary, del romanzo ‘Persuasione’, che è perennemente  ‘indisposed’ - indisposta, più per farsi compatire e per attirare su di sé l’attenzione di persona infantile e insicura che per reale fragilità fisica.
Sorelle buone: la sorella buona per eccellenza è Jane che è anche la più bella delle sorelle Bennet di ‘Orgoglio e Pregiudizio’, talmente bella che questa sua caratteristica tende a mettere in secondo piano la sua personalità. Molto simpatico ed esplicativo il commento di Mr. Bennet, suo padre, quando commenta il futuro degli sposi Jane e Mr Bingley : ‘..Non dubito che andrete molto d’accordo. I vostri caratteri si assomigliano. Siete tutti e due così arrendevoli che nessuno dei due prenderà mai una decisione; così indulgenti che tutte le persone di servizio vi imbroglieranno; e così generosi che spenderete più delle vostre rendite.’ 
Marianne di ‘Ragione e Sentimento’, passionale e romantica, è profondamente e sinceramente legata alla sorella Elinor e anche se in una fase del romanzo la critica per la sua mancata ostentazione di sentimenti, proverà per lei poi sincera felicità e affetto quando finalmente riuscirà a coronare il suo sogno d’amore con Edward. Viceversa se intendiamo Marianne la protagonista dello stesso romanzo ed Elinor la sorella, non meno si può dire del profondo affetto e generosità che dimostra quest’ultima soprattutto nel momento di maggior sofferenza dell’eroina disillusa dall’amore.
 Sorelle cattive: la cattiva per eccellenza a mio avviso risulta Elizabeth, sorella maggiore di Anne Elliot di ‘Persuasione’, presuntuosa, vanitosa e sprezzante verso entrambe le sorelle minori, fino a trattare Anne come una umile domestica. In sintesi, la fotocopia del vacuo padre, il Baronetto Sir Walter Elliot. Si annovera inoltre fra le cattive anche l’infingarda Penelope del romanzo incompleto ‘i Watson’, che per pura invidia ha fatto sfumare alla sorella maggiore Elizabeth il suo sogno d’amore con il giovane Purvis, oltre che vessare con comportamenti poco fraterni la sorella minore e da poco ritrovata Emma.
  
Fratelli con personalità mediocri: a parte il magnifico Darcy e in misura leggermente inferiore il fulgido Capitano Wentworth, non si può dire che J. Austen sia stata generosa con la caratterizzazione dei personaggi maschili nei suoi romanzi, per cui i fratelli che compaiono a fianco di tre delle nostre eroine non spiccano proprio per meriti particolari o personalità incisive. Nell’ordine possiamo ricordare William, fratello amato di Fanny Price, protagonista di Mansfield Park, che onesto ma poco abbiente e in difficoltà oggettive viene aiutato da un di lei spasimante ad entrare in Marina. James invece, fratello di Catherine Moreland di ‘Northanger Abbey’ si lascia abbindolare dall’egoista Isabella Thorpe la quale inizialmente si fidanza con lui credendolo facoltoso, ma che poco dopo molla miseramente appena viene a conoscenza delle rsue modeste condizioni di figlio di un pastore. Ne ‘I Watson’ Robert, fratello maggiore della protagonista Emma, non solo non spicca per intelletto, ma la sua mediocrità si esprime anche sottoforma di cattiveria e presunzione, alimentate dall’arrivista moglie. Anche Sam, fratello minore di Emma, sebbene più simpatico e affettuoso complice della sorella, viene descritto come medico non eccellente e alle prime armi, nonchè sfortunato in amore.

Sorelle sciocche e immature: in questa categoria spiccano due delle famose sorelle Bennet con in testa sicuramente la più giovane, viziata e civetta Lydia, che stoltamente si fa trascinare dallo scapestrato Wickham in un infelice matrimonio riparatore, seguita poi da Kitty che imita in toto gli atteggiamenti della prima per mancanza di personalità e smalto. Anche Margareth de ‘I Watson’, sorella di Emma, non spicca per simpatia, poiché spinta solo dal proprio egoismo, modula un’apparente cortesia ed affabilità nei modi che si tramuta con niente in irritazione, malevolenza e scontentezza ostentata a causa delle sue modeste condizioni economiche.

Sorelle neutre: cito infine in questa categoria due delle più piccole sorelline presenti negli amati romanzi che, per quanto non particolarmente incisive, suscitano a mio avviso comunque una certa tenerezza. La prima è la sorellina di Elinor e Marianne di ‘Ragione e Sentimento’, Margaret, che per la sua ingenuità e semplicità attira da subito le amorevoli attenzioni di Edward, suo futuro genero, mettendone indirettamente in evidenza una di lui positiva qualità. L’altra è Mary Bennet che, sebbene venga descritta come bruttina e priva di personalità, cosa che cerca di colmare con la lettura e l’applicazione continua al pianoforte, mi intenerisce soprattutto per il fatto che sia stato determinato per questi motivi il suo futuro come zitella e badante degli anziani genitori.

Probabilmente Jane Austen qualche spunto per le caratterizzazioni di questi personaggi lo ha preso anche dai suoi fratelli e sorelle, 8 in tutto. Ad esempio sono diversi i parallelismi che i critici hanno trovato fra le sorelle Dashwood, Marianne ed Elinor e la stessa Jane e sua sorella Cassandra, ma che sia vero o meno, sicuramente colpisce la fantasia nelle sfumature dei caratteri e la capacità descrittiva in generale di una delle scrittrici più talentuose di ogni secolo.