mercoledì 24 luglio 2013

James Mc Avoy, gli occhi come finestra delle emozioni



A me l’attore James McAvoy piace davvero molto. Non è stato un amore a prima vista, ma dopo averlo osservato con sempre maggiore interesse nei diversi film in cui lo ritrovavo di volta in volta, ho maturato la consapevolezza che Mc Avoy è un attore molto talentuoso a cui probabilmente non viene prestata la giusta attenzione.


Scozzese di Glasgow, 34enne, non bellissimo ma carino abbastanza per piacere alle donne più o meno giovani, senza dubbio il suo punto forte sono gli occhi grandi, azzurri e profondi, inconfutabile mezzo attraverso cui riesce ad esprimere al massimo l’intensità del sentimento positivo o negativo del personaggio che sta interpretando. Ci sono attori che hanno la stessa espressione sempre e comunque indipendentemente che recitino una commedia o un film horror (un nome per tutti Sylvester Stallone!), Mac Avoy no.

In ‘Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l’armadio’ del 2005, primo film in cui ho notato l’attore gallese, l’unico commento che mi è venuto in mente è che il fauno Tumnus era davvero bruttino ma recitava come un attore di teatro.

‘Becoming Jane’ del 2007 è il film da cui è partita invece la mia particolare attenzione su Mc Avoy, perché in questo film in costume che mi era piaciuto molto, il protagonista maschile da lui interpretato mi aveva suscitato una certa antipatia iniziale. Poi, da Janiete che sono, avendo rivisto il film ripetutamente mi sono resa conto che l’antipatia in realtà era per Tom Lefroy, l’innamorato perduto di Jane Austen che, non si sa se nella realtà ma sicuramente si nella forzatura della trasposizione cinematografica, le fa definitivamente rinunciare all’idea del matrimonio. Mc Avoy lo interpreta benissimo: frivolo, spaccone e dissoluto all’inizio del film, quando si innamora della giovane Jane muta progressivamente atteggiamento fino a diventare tragicamente impotente ed inerme di fronte alla causa maggiore (lo zio) che ne dirotta
irrimediabilmente il destino. Questa trasformazione si nota nell’interpretazione di Mc Avoy e fa davvero convincere il pubblico che Lefroy alla fine era rimasto irrinunciabilmente innamorato dell’intelligente e sensibile Jane.

Anche nel più recente ‘X-men: l’inizio’, del 2011, vedere un ringiovanito, deambulante e con folto capello Xavier, in prima battuta mi ha fatto uno strano effetto. Troppo giovane, troppo basso, troppo carino, insomma solo a fine film, tenendo sempre presente il punto d’arrivo del più maturo capo banda di uno dei fumetti da me preferito da sempre, ho convenuto che l’interpretazione non era niente male, anche se non una delle migliori.

In ‘The Last Station’ del 2009, bellissimo film sugli ultimi anni della straordinaria quanto singolare vita di Lev Tolstoij, Mc Avoy interpreta il giovane Valentin Fedorovich Bulgakov,
segretario personale di Tolstoij che narra in prima persona il profondo tormento interiore che consumerà il grande scrittore russo dovuto al contrasto fra i suoi ideali filosofico-spirituali e gli interessi materialistici di cui si fa principale portavoce l’amata moglie Sophia. Qui l’attore scozzese è perfettamente in grado di non farsi mettere in secondo piano dai due bravissimi protagonisti, Helen Mirren e Christopher Plummer, riuscendo ad esprimere al meglio a mio avviso tutta l’energia, l’entusiasmo e l’ingenuità del giovane segretario di fronte al pensiero superiore del maturo Tolstoij.

In ogni caso l’interpretazione migliore dell’attore unanimamente riconosciuta è quella di Robbie Turner in ‘Espiazione’ di J. Wright del 2007 accanto ad una bravissima Keira Knightley. Da spensierato e innamorato all’inizio del film, Mc Avoy trasforma magistralmente i sentimenti di Robbie in un progressivo di intensità drammatica fino al culmine delle allucinazione prima della morte, a causa dell’infausto destino che avvolgerà lui e Cecilia-Keira decretato dalla falsa testimonianza della visionaria sorellina di quest’ultima. Intenso, drammatico, bravissimo.

Faccio infine un mea culpa per non aver ancora visto ‘L’ultimo re di Scozia’ del 2006 in cui Mc Avoy è co-protagonista con Forest Whitaker (strepitoso ne ’La moglie del soldato’) nei panni di Nicholas Garrigan, personaggio di fantasia che vive in prima persona le drammatiche vicissitudini dell’ascesa al potere del dittatore ugandese
Idi Amin Dada. Con questa interpretazione e le successive su citate James Mc Avoy conquista 2 premi BAFTA e una nomination al Golden Globe Award.

Altre le apparizioni in film minori ma sempre con quella fisicità non imponente ma atletica, non invadente ma presente e con quegli occhi che recitano mutando espressione e sentimento senza necessità di aggiungere troppe parole.






domenica 21 luglio 2013

Mito e misticismo nella città di Tindari, antica colonia della Magna Grecia italiana



La lunga pausa che mi sono presa nel postare qualche nuovo pensiero è dipesa in buona parte da tutto ciò che è ruotato attorno alla bella vacanza appena trascorsa nella seconda settimana di luglio: la preparazione in tempo reale mentre si stava ancora lavorando, la partenza, i virus micidiali che ancora da questo inverno non ci hanno dato tregua e, finalmente, il viaggio, sono stati davvero impegnativi ma poi è arrivato il soggiorno vero e proprio. Meta prescelta, per quest’anno per noi fortunato in termini vacanzieri, la Sicilia.
L’obiettivo era il riposo totale (per quanto di totale si possa immaginare con due bimbi piccoli) per cui il villaggio con formula ‘all inclusive’ ha fatto davvero al caso nostro. Ma vista la meta, come non dedicare almeno qualche ora a una visita che mi avrebbe permesso di tuffarmi negli splendori della Magna Grecia? Purtroppo le zone più conosciute e meritevoli di visita erano distanti dalla Costa del Sole dove eravamo noi, distanti abbastanza da non mobilitare tutti per un’intera giornata con annessi e connessi (ricordiamo il tema del ‘riposo’..). Ma fortunatamente nel programma variegato delle escursioni previste dall’organizzazione ce n’era una che prevedeva una visita proprio a pochi chilometri dal villaggio, con andata e ritorno in mattinata, a Tindari antica e piccola cittadina arroccata su un colle-promontorio fronte mare. Detto e fatto e, nonostante la compagnia fosse stata ridotta da 4 a 2 a causa della tosse più febbre che ha pensato bene di minare le vacanze (senza peraltro riuscirci..), sono riuscita ad assaporare le meraviglie degli antichi, lo splendore misterioso
delle opere compiute e molto bene conservate dagli agenti atmosferici che ancora oggi tanto ci comunicano e tramandano come doveva essere la vita del 400 a.C. e dei secoli successivi.

Tindari è famosa più per il santuario che conserva la preziosa e miracolosa statua della ‘Madonna Nera’, di probabili origini bizantine, che si narra essere approdata intorno al 762 d.C. sulla costa a seguito di una tempesta, e che lì fu abbandonata dai marinai che dovettero liberarsi di diversi carichi e oggetti per poter risalpare velocemente. E’ stata quindi Lei a scegliere dove fermarsi e dopo diverse vicissitudini, rimasta integra nonostante gli attacchi di saraceni e altri conquistatori, ha finalmente trovato posto definitivo in quello che oggi è il sontuoso ‘Santuario della Madonna della Rocca’ che svetta dal colle, meta tutt’oggi dei pellegrinaggi dei fedeli che rendono omaggio alla santa protettrice dei naviganti e delle anime in pena. Altra caratteristica unica che completa l’aurea mistica di questo splendido posto è lo strano fenomeno chiamato del ‘mare secco’ o dei ‘laghi salini’ che incorniciano la costa sottostante il colle.
Il mare ritirandosi infatti dalla costa ha formato delle ampie pozze di acqua salata o laghi naturali che assumono le forme più disparate modificandosi in continuazione. Uno di questi, nel 1985 e per un lungo periodo successivo, ha anche preso le forme dell’immagine sacra della Madonna, coincidenza forse, ma anche segno ulteriore che qualcosa di sacro permea questo incantevole posto.

Ma è in particolare sulla mitica città di Tindari che la mia passione per il mondo e la cultura greca ha trovato modo di rinvigorirsi nell’osservazione dal vivo del sito archeologico fra i più suggestivi che ho visto nei miei viaggi.  Non particolarmente esteso, la città di Delphi in Grecia o Pompei ad esempio sono notevolmente più grandi, il sito permette nella sua distribuzione di avere una visuale complessiva di come era stata sapientemente costruita la struttura urbana, dall’acropoli alla zona dedicata agli incontri pubblici fino al teatro luogo di arte e cultura. Tutto ciò maestosamente eretto fronte mare dove magnifici tramonti
da sempre caratterizzano il concludersi delle giornate. Sono stati gli Spartani, popolo forte e orgoglioso, che, sconfitti ed esiliati dagli ateniesi nel V secolo a.C. ma accolti benevolmente da Dionisio I° Tiranno di Siracusa, costruirono sotto il mandato del loro ospite quella che diventò per lungo periodo la città fortificata più famosa e inattaccabile del periodo greco-romano e uno dei porti commerciali più floridi del Tirreno. Il massimo periodo di fulgore la città lo raggiunse sotto l’impero di Cesare Ottaviano Augusto che liberò la Sicilia dalla minaccia Cartaginese e ne decretò ancora il dominio nei traffici commerciali del periodo, incrementando l’esportazione dei beni prodotti nel fertile e rigoglioso territorio interno. La città subì molte modifiche e crebbe ulteriormente in splendore. Fu modificato il tempio per poter accogliere i giochi ludici e i combattimenti tanto amati dai romani, fu costruito un imponente edificio a sei archi e più piani di cui ancora oggi si discute se fosse sede di un ginnasio, meno probabile di una basilica, o di sicuro sede di incontri pubblici; furono costruite ville patrizie meravigliose con giardini interni, mosaici e cisterne d’acqua private.
L’acropoli, su cui oggi risiede il Santuario della Madonna Nera,  era sede di un maestoso tempio dedicato alla dea Cibele e più sotto su quello che oggi è chiamato Colle Giove c’era un tempio dedicato al padre degli Dei. Caratteristica straordinaria della città fortezza erano inoltre le ciclopiche mura che la circondavano tutta in una doppia fila alta quasi 7 metri.

Potrei continuare ancora e ancora nella descrizione dei particolari ma voglio invece concludere con la sensazione che ho provato in quelle poche ore trascorse in questo silenzioso e assolato posto, dominato dai colori verde e blu, circondato dalla tipica vegetazione mediterranea e permeata dal suono del verso delle cicale che la fanno da padrona in questa stagione: una sensazione di grande meraviglia, ma anche di pace interiore e rispetto che mi faceva facilmente indovinare ed immaginare come si muovevano gli abitanti di quel tempo in quegli spazi, vestiti di semplici
vesti o tuniche leggere e calzari di cuoio, di come trascorrevano le ore della giornata passando dai momenti dediti al lavoro, al momento dei bagni nelle splendide terme, alle ore dedicate ai riti sacri piuttosto che ai momenti lieti nell’assistere a una commedia o tragedia magistralmente rappresentata. E’ grazie e attraverso questi popoli lontani ma già così elevati nel pensiero e nelle opere che siamo diventati quello che siamo e che realizziamo quanto ci circonda oggi. Come dice il mio caro amico Renato non a caso e non può essere che grazie a qualcosa di ‘più elevato’ che l’uomo si contraddistingue da tutto il resto del mondo animale.