mercoledì 20 agosto 2014

'L'età del desiderio': come Jennie Fields ha raccontato l'educazione sentimentale di Edith Warthon

Che Edith Warthon, premio Pulitzer del 1921 per il romanzo 'L'età dell'innocenza', sia una delle più grandi scrittrici americane dei primi del Novecento è noto. Che sia stata resa ancora più famosa al pubblico grazie all'indimenticabile film omonimo di Scorsese (1993) interpretato da Daniel Day Lewis, Michelle Pfeiffer e Winona Rider è altrettanto noto.
Edith Warthon
Opere poi come la 'Casa della gioia' o 'Ethan Frome' (di cui ho già parlato qui) ne dimostrano tutta la capacità di entrare nel merito sia della profondità psicologica dei personaggi da lei creati che nelle contraddizioni tipiche della società americana del periodo. Quello che invece si conosce poco della Warthon è la sua biografia, che di romanzesco e drammatico ha ancora di più dei libri da lei scritti. Jennie Fields, sulla base della ricostruzione di scambi epistolari fra la Warthon e la sua tutrice/segretaria/amica Anna ed alcuni dei suoi illustri amici fra cui Henry James, ha ricostruito, in forma romanzata, la vita di questa determinata quanto geniale donna partendo a raccontarla da quando aveva 46 anni. L'educazione sentimentale a cui fa riferimento il titolo stesso, parte infatti per la Warthon a metà della sua vita, da quando cioè ella stessa aveva creduto che era impossibile uscire da quei binari convenzionali e di facciata che il suo matrimonio ufficiale con Teddy Warthon, di 12 anni più vecchio di lei e culturalmente troppo distante dal suo mondo, aveva definitivamente cementato. Così non fu invece e cosa successe ce lo racconta la Fields nel suo romanzo 'L'età del desiderio' (2013) Ed. Neri Pozza.
Morton Fullerton
La Warthon, esponente dell'alta borghesia newyorkese e dei circoli culturali in maggior voga del periodo, era solita svernare a Parigi, città da lei eletta come fulcro dei suoi interessi intellettuali e sociali che andavano ad alimentare il suo genio creativo. E fu qui che grazie al suo amico Henry James conobbe Morton Fullerton, l'affascinante uomo, vivace intellettuale, giornalista del Times ma dai dubbi costumi morali che diventerà il suo amante e la sua ragione di vita in quel periodo che lei stessa definì di 'vera vita'. Come se il suo passato fosse stato semplicemente nulla di più che un prologo e appunto la sua 'vera vita' fosse iniziata da quel momento, la Warthon subirà un risveglio dei sensi, del suo essere donna e di tutte le complicazioni che la gelosia, il rispetto per se stessa e il rifiuto per le falsità comporteranno.
E. Warthon e H. James 
La malattia psichiatrica del marito, che precipita in coincidenza con questa presa di coscienza di Edith, l'evoluzione e allo stesso tempo la conferma del rapporto profondo con Anna, che diventa coprotagonista in questo romanzo, accentuano ancora di più la straordinaria evoluzione della seconda parte della vita di questa grande autrice, con la quale diventa inevitabile sentirsi in sintonia sia per la passione provata e vissuta che per la forza delle decisioni prese fino alla fine. Un romanzo che consiglio e la cui necessità di finirne la lettura vi ossessionerà...se siete fatte un po' come me!


venerdì 15 agosto 2014

Opera all'aperto: 'Madama Butterfly' di Giacomo Puccini

Quest'anno è saltato il mio appuntamento fisso con l'Arena di Verona anche se, visto il tempo, il rischio di saltarlo comunque sarebbe stato molto alto anche avendo prenotato il biglietto.
Ma grazie ad una carissima amica non è invece saltata l'occasione di vedere uno spettacolo di opera all'aperto. Quest'anno il contesto è stata la piazza di una cittadina del Friuli in provincia di Pordenone, che da qualche anno diventa palco per una notte d'estate di famose opere di classiche magistralmente dirette e interpretate. Il 30 luglio di quest'anno è toccato a 'Madama Butterfly' di Puccini, opera che ancora non avevo avuto l'occasione di ammirare perchè, per qualche strano motivo, l'ho sempre considerata minore rispetto ad un' Aida o un Nabucco per fare qualche esempio. Da qui probabilmente si nota la mia non così profonda conoscenza di questo genere, per quanto mi appassioni molto comunque. La rappresentazione è stata davvero suggestiva: Hiroko Morita è stata una toccante e bravissima Cio-Cio-San, che ha saputo trasmettere fino in fondo la trepida speranza del ritorno del suo amato e l'altrettanto drammatica consapevolezza di averlo perso per sempre.
Sia l'ufficiale americano Pinkerton che lo Sharpless mediatore, interpretati da Domenico Menini e Gabriele Ribis, hanno garantito un'ottima qualità della rappresentazione, accompagnati dalla competente e ottima esecuzione dell'orchesta guidata da Eddi De Nadai, direttore d'orchestra originario di queste terre. La perla della serata è stata la partecipazione di una rappresentanza dei cori aderenti all' U.S.C.I. Provinciale, che alla fine del secondo atto, mentre Butterfly attende trepidante il ritorno di quello che considera ancora il suo sposo, esegue la melodia a bocca chiusa, così suggestiva e così drammatica da preannunciare malinconicamente la tragedia finale.
Il terzo atto si conclude con la drammatica uscita di scena di una Cio-Cio-San spezzata dal dolore, che dopo aver affidato il figlioletto al padre e alla sua moglie legittima, si toglie la vita non sapendo come far fronte alla disperazione che l'attanaglia. Bella l'opera, bravissimi gli interpreti, l'orchestra e il coro senza voce; molto adatto e suggestivo il contesto dell'antica piazza della cittadina friulana. Concludo con una curiosità che non conoscevo: l'interprete della Butterfly, l'opera che Puccini dedicò alla Regina d'Italia Elena di Montenegro, deve essere obbligatoriamente giapponese, a garanzia della tradizione e della maggior immedesimazione nella sfortunata protagonista così tanto amata.


E con questi versi, che invitano a sperare fino all'ultimo in un futuro positivo, concludo questo post augurando a tutti un sereno Ferragosto.

Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo sull'estremo
confin del mare.
E poi la nave appare
E poi la nave è bianca.
Entra nel porto, romba il suo saluto.
Vedi? È venuto!
Io non gli scendo incontro, io no. Mi metto
là sul ciglio del colle e aspetto, aspetto
gran tempo e non mi pesa
la lunga attesa.
E... uscito dalla folla cittadina
un uomo, un picciol punto
s'avvia per la collina.
Chi sarà? Chi sarà?
E come sarà giunto
che dirà? che dirà?
Chiamerà Butterfly dalla lontana.
Io senza dar risposta
me ne starò nascosta
un po' per celia, un po' per non morire
al primo incontro, ed egli alquanto in pena
chiamerà, chiamerà:
«Piccina – mogliettina
olezzo di verbena»
i nomi che mi dava al suo venire.
(a Suzuki)
Tutto questo avverrà, te lo prometto.
Tienti la tua paura. – Io con sicura
fede lo aspetto.
(II Atto - Madama Butterfly, G. Puccini 1904)



sabato 9 agosto 2014

'La scrittrice abita qui' di Sandra Petrignani

Apro questo post con un ringraziamento particolare al blog di Pila e Ilaria di 'Geeky Bookers', che mi hanno fatto conoscere il libro che ha occupato poco meno di due intensi giorni estivi di lettura.
Il richiamo è stato irresistibile per me, dal momento che, fin dal titolo, questo libro prometteva bene e quando poi ho saputo che vi erano narrate le vite e rappresentati i caratteri di sei grandi scrittrici e artiste vissute fra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, la sua lettura è diventata una priorità. Grazia Deledda, Marguerite Yourcenar, Colette, Karen Blixen, Alexandra David-Nèel e Virginia Woolf vengono ricordate dalla Petrignani attraverso una sorta di pellegrinaggio nei luoghi dove sono vissute queste straordinarie donne: sogni, speranze, dolori e passioni sembrano impresse negli ambienti che vengono sì descritti da chi li visita, ma che sfumano e subito si trasformano nelle caratteristiche più vivide e caratterizzanti di queste personalità geniali e controverse fino a diventarne un tutt'uno.
Cucina della casa di Nuoro di Grazia Deledda
Così la casa austera, pulitissima ma femminile, danno a Grazia Deledda una veste più familiare, dolce e votata alla famiglia che difficilmente traspare dai suoi scritti o dall'immagine che ci è stata tramandata. La casa accogliente e tutto sommato ordinaria della Yourcenar ne ridimensionano la stranezza e l'anticonformismo con cui siamo abituati a pensarla. La singolare stanza rossa di Colette, dove l'artista francese ha vissuto gli ultimi anni della sua vita paralizzata dalla malattia e dai dolori, e nonostante tutto dove fino all'ultimo ha accolto amici e conoscenti famosi del mondo artistico più o meno giovani, che continuava ad attrarre con il suo indiscusso fascino e la sua vivace intelligenza.
La Yourcenaur davanti alla
 sua casa nel Maine
E ancora la Blixen, che cerca di ricreare nella sua casa in Danimarca le atmosfere della sua amata e mai dimenticata Africa con oggetti caratteristici da cui non riesce a separarsi, fra cui sopra a tutti il grammofono simbolo del suo vero grande amore, ricambiato in modo parziale, tormentato e infine perduto per sempre. La vita alla spasmodica ricerca di qualcosa di superiore che poi riesce a ritrovare solo dentro se stessa nella meditazione più vera e profonda della David-Nèel, che lascia traccia della sua personalissima missione di vita nel tempio tibetano ricreato vicino alla sua casa di Digne. E infine lo straordinario genio e la delicatissima fragilità della Woolf che, solo sotto l'ala protettiva del comprensivo e amorevole Leonard e grazie al silenzio e alla pace del cottage di 'Monks House' nel Sussex, riusciva a ritrovare quel funambolico equilibrio dell'anima, che ella ha voluto infine consegnare alle quiete acque del fiume che lì vicino vi scorreva.
Camera da letto di V. Woolf a Monks House
In merito alla Woolf e in linea con i luoghi in cui è vissuta, consiglio vivamente la lettura del bellissimo post della cara amica Daniela del blog 'My little old world - gardening, home, poetry and everything romantic makes us dream', che potete trovare qui. La Petrignani dunque è riuscita a trasformare quella che poteva essere una pura descrizione di luoghi e paesaggi o una mera ricostruzione di biografie, per quanto singolari, in fedeli, appassionanti e umanissime storie di vita con tutto il carico delle emozioni che sembra di rivivere assieme alle loro protagoniste.