domenica 25 gennaio 2015

Beatrix Potter, Pamela L. Travers e le divinità archetipiche femminili

Le riflessioni riportate nel mio post di oggi hanno origine dalle associazioni mentali che stimoli ed eventi degli ultimi giorni mi hanno suscitato: un film, due personaggi femminili vissuti tra fine Ottocento e Novecento e un convegno sull’ “Assertività nelle differenze di genere” tenuto da una mia collega e cara amica.
Ho perso il conto di quante volte ho visto ormai il film ‘Miss Potter’ (2006) di Chris Noonan con una Renee Zellweger brava, anche se con qualche caduta in smorfie e atteggiamenti già visti in altre situazioni, e un sempre credibile Ewan McGregor. E’ un film che parla della vita di Beatrix Potter, famosa illustratrice e scrittrice inglese vissuta nel tardo periodo vittoriano, famosa per i suoi libri per bambini in cui magici conigli, anatre e animali di campagna popolavano storie immaginarie. Il film è una bella sintesi dell’espressione artistica di una donna benestante che, sebbene libera da bambina di poter esplorare la natura in modo anticonvenzionale e con l’esclusiva compagnia del fratello, è stata poi costretta per le rigide regole e i modelli femminili del tempo a rinunciare agli studi e ad occuparsi della casa per lungo tempo. E’ la storia di una donna dalla fervida immaginazione, che ha colmato con i suoi dolcissimi personaggi l’assenza delle amorevoli cure della madre e della compagnia degli amici che l’infanzia di norma richiederebbe. E’ infine la storia di una donna che è riuscita nel tempo a riscattarsi, diventando autonoma grazie alle cospicue entrate derivate dalla vendita delle sue opere e che, sebbene la storia con il suo editore non sia finita bene, ha perseguito l’amore quello vero, quello che la società e la sua famiglia non riteneva adatto e all’altezza della sua posizione.

E mentre finivo di godermi questo film, per associazione mi è venuta in mente Pamela L. Travers, l’autrice di Mary Poppins, artista complessa anglo-australiana di inizio Novecento magnificamente interpretata da Emma Thompson in ‘Saving Mr Banks’ (2013) di J. Lee Hancock. L’associazione deriva dal fatto che anche in questo caso il genio artistico si è manifestato per un’esigenza personale, uno stato di disagio o malessere tanto più evidente per Pamela che per Beatrix, dal momento che si è venuto a sapere che poco meno che adolescente, scrisse questa storia per consolare se stessa e i suoi fratellini dalla triste evidenza dello stato depressivo della madre e dal dramma dell’alcolismo di un padre fallito a cui era profondamente attaccata. Associazione dovuta anche al fatto che, sebbene in modo diverso dalla Potter, Pamela ha saputo riscattarsi da un’infanzia difficile, trasferendosi in Inghilterra, lavorando per mantenersi e prendendo decisioni che la società non riteneva proprie delle donne, quale quella di adottare un figlio da single.
E in ultimo ieri sera, mentre partecipavo ad un ciclo di incontri sul tema dell’assertività e, nello specifico, all'esposizione di ciò che distingue il genere femminile e maschile e di come in realtà entrambi siano presenti in ognuno di noi determinando in modo diverso il nostro stile comunicativo, ecco l’ultima associazione. Mentre la relatrice parlava di come gli archetipi, che, come Jung insegna, sono i modelli di comportamento istintuale che popolano l’inconscio collettivo, siano i responsabili dei diversi comportamenti che distinguono le donne fra di loro, e di come diverse dee agiscano in noi e cerchino di emergere ed affermarsi, ho cercato di focalizzare quali divinità archetipiche abbiano prevalso in Beatrix e Pamela. Nello specifico mi sono fatta l’idea che due dee in particolare in entrambe le scrittrici abbiamo lottato per predominare e determinare le loro personalità e i loro comportamenti, non senza generare conflitto interiore e momenti di confusione: Artemide e Persefone. La prima infatti, è la dea esploratrice e determinata, che basta a se stessa e rappresenta l’archetipo della libertà di espressione ma anche di stile di vita, molto orientata a raggiungere il suo obiettivo a discapito della sfera emotiva, dell’amare e prendersi cura degli altri.
La dea Persefone invece, che rappresenta la dualità della ‘Kore’, o dea fanciulla dipendente, e della signora degli Inferi, dea matura e guida delle anime perse, rappresenta l’archetipo della donna fragile, dipendente e bisognosa della protezione altrui che però, se riesce ad esplorare gli strati più profondi del proprio sé, giunge poi ad essere donna consapevole e recettiva ai cambiamenti.

Ecco spiegato dunque cosa ho trovato in comune fra Beatrix Potter, Pamela D. Travers e l’espressione delle divinità archetipiche attraverso le associazioni mentali..

martedì 6 gennaio 2015

La Befana, un pò strega un pò fata..

La Befana,
“..un po' strega un po' fata, generosa e inquietante, ninfa attempata e sibilla decrepita.”* Oggi voglio dedicare a questo magico e un po’ misterioso personaggio, che iconograficamente è la sintesi cristiana di diverse divinità e rituali pagani, un bel libro ricevuto in dono per Natale, “Se chiudo gli occhi” di Simona Spartaco (2014, Giunti Ed.).
Non conoscevo questa autrice italiana e sia il titolo che la copertina del libro non mi avevano particolarmente ispirata appena viste. Ma ricevere in dono un libro lo considero uno dei più bei regali che si possa desiderare e perciò l’ho subito inserito fra le letture natalizie.  E che sorpresa..che viaggio di scoperta e in qualche modo che ‘epifania’ per la giovane protagonista Viola, figlia di un famoso pittore e scultore che, separandosi dalla moglie, condanna per anni la sua amata figlia al dolore dell’abbandono, al senso di colpa per essersi creduta la causa della rottura del matrimonio dei propri genitori e all’insicurezza cronica che la porta a scegliere una vita banale e comune che non le appartiene, solo per cercare di non ripetere gli errori di cui era stata testimone e vittima.
Ma oltre alla storia dell’evolversi del rapporto fra padre e figlia, che colpisce nel modo in cui l’autrice fa magistralmente trasformare i personaggi svelandone a poco a poco le personalità e la profondità dei sentimenti che ne hanno mosso le scelte di vita, quello che mi ha colpita soprattutto è il contesto, l’ambientazione della storia, che dapprima fa da sfondo e poi diventa esso stesso attore primario che muove i fili del racconto.  
Il viaggio che viene narrato infatti porta da Roma ai Monti Sibillini, nelle Marche, attorno ai luoghi della famosa Grotta della Sibilla, da cui la catena montuosa prende il nome, fra i Comuni di Montemonaco, Foce e Rocca dove era nato il famoso artista padre di Viola. Qui l’arte della tessitura, la conoscenza del potere curativo delle erbe e gli strani poteri di cui sono portatrici alcune anziane donne di quei luoghi, riportano all’antico mito della regina Sibilla e delle fate dai piedi caprini, sue ancelle. Diverse sono le variazioni del mito originario richiamate sia da Antoine de la Sale che da Andrea da Barberino nel XV secolo, versioni entrambe non molto lusinghiere sugli effetti di queste streghe/fate sugli uomini, ma è la tradizione popolare locale che viene richiamata in questo libro.
I poteri della Sibilla infatti, fata buona, veggente e incantatrice, ma non perfida o demoniaca, sembrano tramandarsi geneticamente in alcune donne di questi luoghi, e fra queste Viola, che si troverà portatrice della capacità di viaggiare con la mente e di ritrovarsi con le anime delle persone care, che da sempre la aspettano, ‘..in quel punto dell’orizzonte dove non c’è più distinzione fra cielo e campi’. Sarà infatti la consapevolezza piena delle proprie origini che permetterà a Viola di riscoprire i colori della vita nella loro forma più vivida e di cancellare le sfumature di grigio che hanno rischiato di renderla cieca al senso più profondo del suo essere. Quello stesso potere la riconcilierà con l’amato padre, le darà la forza di ricominciare, ricongiungendosi anche fisicamente alla sua terra natia.
Un bel romanzo che permette di immedesimarsi nella magia di questi luoghi al punto di voler quasi potersi sentire un pò fata e un pò sibilla, almeno per una volta.. 
Buona Epifania!
 *da un articolo di M. Niola, La Repubblica 02/01/15

sabato 3 gennaio 2015

“La figlia di Debussy”, una farfalla sulle note di un grande artista

Damien Luce è un pianista, compositore e romanziere francese contemporaneo che ha reso omaggio all’arte del grande musicista Debussy,
consegnandoci nel diario immaginario della sua unica ed amatissima figlia soprannominata Chouchou, la vita, il pensiero dell’uomo e l’essenza della sua musica, con una dolcezza e un amore che non possono lasciare indifferenti. Il diario di Chouchou, che in giapponese significa ‘farfalla’, comincia il 25 marzo 1918 data della morte dell’artista e delle fasi finali della Prima Grande Guerra che in quegli anni stava scuotendo Parigi come le principali capitali europee. Claude-Emma, vero nome della bambina che aveva da poco compiuto 12 anni, sembra una piccola fata che solo il padre vedeva e comprendeva appieno e solo dal quale ella traeva quella linfa vitale che poco dopo più di un anno la abbandonò per farle seguire il suo amato genitore nel suo paradiso immaginario. Chouchou infatti, che trovava fin da piccola rifugio e consolazione sotto il pianoforte vibrante grazie alle dita del padre, morirà di difterite nell’estate del 1919 e con lei si vennero a dissolvere la sua malinconia che dalla morte di Debussy non l’avrebbe più lasciata, il suo primo amore adolescenziale per Marius, reale e idealizzato allo stesso tempo e la comprensione profonda e vera per il significato delle composizioni del padre maturata grazie al ‘patto’.
‘Il patto’ per Chouchou consisteva nell’impegno che la bambina si era segretamente presa con se stessa, a pochi giorni dalla morte del genitore, di suonare tutte le sue composizioni, una ogni settimana, ripercorrendone così le origini e i significati, dando forma a quei mondi immaginari che a poco a poco cominciava a comprendere e a personalizzare facendoli suoi.

‘La figlia di Debussy’ di D. Luce, Elliot Edizioni (Nov. 2014) è davvero bello perché può essere letto e fruito in diverse modalità:
è innanzi tutto la delicata biografia di Claude Debussy, narrata dalla sua adorata e unica figlia avuta in seconde nozze dalla sofisticata ed intellettuale Emma Bardac, attraverso cui si intravvede l’uomo con le sua genialità e le sue debolezze fra cui la scarsa attitudine per l’ortografia o la cura personale;
è un introduzione per neofiti alle opere del maestro in ordine cronologico, che con brevi commenti fa comprendere la difficoltà di esecuzione nonché la dimensione fantastica piuttosto che giocosa o malinconica dei suoi pezzi;

è un affresco del periodo terminale della Prima Grande Guerra, delle paure, delle tragedie vissute e delle limitazioni subite dagli abitanti della Parigi di inizio secolo;
è anche la fotografia dei circoli intellettuali che trasudavano la cultura di quel periodo, foriero di grandi cambiamenti ed epocali svolte: si parla delle stranezze di Ravel e della sua amica Colette che tanto faceva discutere a quel tempo e che qui appare sullo sfondo; si parla di Stravinsky e di Caplet amici di Debussy, ma anche di D’Annunzio, dei fratelli Lumière e delle pellicole di Max Linder. Si parla insomma di una Parigi che era arrivata al culmine della sua espressione artistica e che avrebbe tracciato le nuove rotte dei secoli a venire;
ultima ma non per questo meno importante, è anche la trasformazione di una piccola crisalide di nome Claude-Emma, protetta ed amata dai genitori, che diventa, anche se per solo un anno, una meravigliosa farfalla pronta a spiccare il volo verso la scoperta di cosa le avrebbe riservato il futuro, dei mondi e delle passioni che cominciavano a diventare solo suoi e di quel primo amore innocente ma potentissimo che le aveva fatto programmare il viaggio della vita.

Quella farfalla però non riuscì mai a spiccare un volo tutto suo perché mi piace pensare che le sue ali siano rimaste dolcemente legate alle note uniche ed eterne di chi in fondo aveva saputo amarla veramente.

venerdì 2 gennaio 2015

Un sentito augurio per un NUOVO ANNO in viaggio per scoprire e costruire tutto ciò che desiderate

No non sono sparita, mi sono solo presa una lunga pausa che, non essendo stata premeditata, mi ha vista nell'impossibilità di pubblicare post fino ad oggi..e spesso mi sono trovata a pensare a come avrei potuto improvvisare qualche riga giusto per non dare la sensazione di aver chiuso una magnifica esperienza di oltre due anni che tanto mi ha dato e ancora mi sta dando.. ma niente, preferivo fare brevi capatine negli amatissimi blog amici che seguo da molto tempo senza nemmeno riuscire a lasciare un breve commento..spero che saprete perdonarmi..
Che periodo intenso, quante novità hanno assorbito il prezioso tempo che ho sottratto a questo blog.
Ma avviare un'attività in proprio dopo molti anni di lavoro dipendente non è facile e le cose da fare per far funzionare il tutto (e funziona vi garantisco!) sono moltissime, soprattutto se poi si somma l'altra mia priorità, la mia famiglia..
Come ogni anno però, seguendo i gusti insegnamenti dickensiani, ho trovato il tempo di fare un piccolo bilancio di cosa è andato bene, di cosa meno bene, delle opportunità e delle sfide che si sono presentate e non ultimi dei buoni propositi per il nuovo viaggio che è appena cominciato: fra questi riprendere a pubblicare con regolarità sul mio blog e magari aggiornarlo nella grafica a breve.
Ma andiamo con ordine:
- per prima cosa saluto tutti i miei amici che, se vorranno, potranno continuare a farmi compagnia e che in ogni caso ritrovo con immenso piacere. A loro e a tutti gli appassionati di letteratura in genere del mondo web, auguro un anno speciale, ricco di speranza, realizzazione, pazienza e amore.
- in questi giorni sto trascorrendo una breve vacanza in montagna e quindi la ripresa della pubblicazione di post potrebbe avere una piccola accelerata!
- circa le letture, ah!, quelle non sono mancate, sarebbe come togliermi l'aria, ma devo confessare che ho avuto una parentesi fantasy che si è protratta più del previsto per passione e curiosità e perchè, se romantiche, anche le storie ambientate in mondi impossibili mi fanno sognare. Questo non vuol dire che non ho in serbo qualche riflessione su storie e narrazioni del periodo storico che più amo che mi hanno e che mi stanno tenendo compagnia..
Concludo abbracciando virtualmente questo spazio immateriale e i suoi abitanti che sono invece tanto reali da far suscitare forte e prepotente il bisogno di 'tornare a casa'.