domenica 1 febbraio 2015

“Brevi monologhi in una sala da ballo di fine Ottocento (i morti)” di Alessandra Paoloni

E’ come entrare in una sala da ballo e partecipare a un girotondo di pensieri di persone vissute quasi un secolo e mezzo fa. E’ come essere spettatori contemporaneamente della maschera, o del ruolo interpretato in quel momento e della più profonda intimità di persone così diverse ma così uguali nella visione disincantata della vita, che non lascia speranza di gioia o riscatto.

Ecco allora si susseguono il poeta, che disprezza i borghesi privi di gusto, la ragazza che realizza come l’imminente matrimonio combinato soffocherà a breve tutti i suoi sogni di libertà, l’innamorato non corrisposto che pensa al suicidio e la padrona di casa, che usa gli uomini a suo piacimento e osserva con sdegno i suoi invitati. E ancora lo scienziato che non contempla mai nei fatti le emozioni o i sentimenti rendendo sterile ogni sua osservazione, e il musicista che rimane come incagliato nella dimensione estetica della sua arte. E in questo rondò linguisticamente raffinato, che richiama le atmosfere del periodo tardo vittoriano, si stagliano gli stati d’animo e i pensieri così attuali di una società che finge di stare, che non si pone genuinamente e che si fa guidare dalle convenzioni e dagli opportunismi in un circolo vizioso di malinconico disprezzo e rassegnazione.

Brava la giovane autrice nella sua opera prima, che compie un esercizio poetico di inaspettato spessore a mio avviso, e che se solo avesse introdotto un elemento o personaggio che avesse aperto alla speranza, avrebbe elevato ancor di più la sua visione esistenziale di quella che possiamo definire la società senza tempo degli esseri umani.