sabato 15 agosto 2015

Trieste e Corfù, mete di viaggio e luoghi ricchi di significato per Sissi l’Imperatrice

Miramare per Sissi aveva un significato profondo, era la meta marittima più vicina che le permetteva di allontanarsi dalla corte di Vienna, a lei così stretta, e in cui, oltre che trovare ristoro al corpo e allo spirito nei momenti più difficili della sua travagliata vita,  poteva organizzare le ulteriori tappe dei suoi anelati viaggi.




Corfù, isola meravigliosa della Grecia, era stata scelta da Sissi come rifugio per allontanarsi dalle profonde e mai rimarginate ferite delle morti dell’amatissimo figlio e della sorella, così drammatiche e così vicine. L’Achilleion, il bellissimo palazzo che fece costruire per i suoi pochi ma intensi soggiorni, fu dedicato ad Achille in memoria del figlio Rodolfo di cui voleva celebrare la giovinezza, la forza e la bellezza.






E grazie a quest’isola, di cui si racconta che fu l’ultima meta di Ulisse prima di tornare a Itaca grazie all’ospitalità di Alcinoo e dei suoi Feaci, Sissi poteva ammirare ed entrare in contatto con la storia, i paesaggi e la dimensione della cultura greca da lei tanto amata.

Passeggiando ed ammirando questi posti, cercando di immergersi nei paesaggi e nella formidabile natura che li caratterizzano, sembra che il tempo si annulli e che le sensazioni di ieri e di oggi possano fondersi e ritrovarsi.


Buon Ferragosto a tutti!

domenica 15 marzo 2015

‘Outlander’ ed il perché la saga di Claire Beauchamp rischia di travolgerti e di riportarti nel giro di pochi mesi a riconquistare l’equilibrio perduto.

Sono diverse le letture che mi hanno tenuto compagnia nell’ultimo periodo, e di cui ogni volta ero pronta a scrivere una riflessione per condividere la piacevolezza o le perplessità che ne erano conseguite;
ma ogni volta passando da un libro all’altro, come spesso mi succede, dovendo scegliere se dedicare due ore alla lettura o allo scrivere propendo inevitabilmente per la prima soluzione e, senza accorgermi quasi, mi trovo a constatare che è passato più di un mese dall’ultimo post pubblicato. Ma c’è un’altra ragione che mi ha fatto allungare (o sospendere?) il tempo per dedicarmi adeguatamente al mio blog, ovvero l’incontro casuale con una serie TV appena partita e la scoperta della relativa saga scritta da Diana Gabaldon meglio nota al pubblico come ‘Outlander’. Sono piuttosto selettiva in merito alle serie TV sebbene mi piacerebbe seguirne molte e la selettività deriva dal poco tempo a disposizione per dedicarmici con costanza, per cui, un po’ come succede con i libri, cerco di decidere da alcuni elementi se fanno al caso mio e poi, come in questo caso o come in quello di Downtown Abbey, ne vengo completamente travolta. Gli elementi che mi hanno fatto scegliere negli ultimi dieci giorni di attendere con ansia la prima TV della 1° puntata di
Outlander su Sky e poi di recuperare in velocità l’intera prima serie e di guardarmela in una notte e mezza, nonchè di leggermi anche il primo libro sono stati i seguenti:
  - il periodo storico interessato: partenza nel 1945 e proseguio in quasi due secoli prima, nel 1743.
   -  l’insolito triangolo d’amore, fra Claire, la protagonista, Frank, il marito del ventesimo secolo appena ritrovato dopo una lunga separazione dovuta alla Seconda Grande Guerra e il giovane Higlhlander Jamie, anch’egli marito nel giro di poco più di un mese dal primo rocambolesco incontro con la nostra eroina;
-       L’impossibilità di incontro fra i due pretendenti ma soprattutto l’amore vero, profondo ma così diverso per i due uomini che finalmente mette in discussione il concetto di anima gemella o il mito platoniano delle due metà.
-       La Scozia, i suoi paesaggi, la sua affascinante e misteriosa cultura e i miti e le tradizioni popolari pregne di culti e magie che ci portano in questa saga ad indagare ancora sul mistero dei complessi megalitici tipo Stonehenge, qui chiamato Craig na Dun.
-       Gli interpreti della serie TV prodotta da Starz, primo fra tutti il ritrovato cugino William Walter Elliot di Anne Elliot di ‘Persuasion’, mio personaggio preferito delle opere Austeniane: l’attore londinese Tobias Menzies, anche qui colto ed educato gentiluomo dalle inaspettate sfumature da una parte e dalla straordinaria capacità di tirar fuori un lato così nero, inquietante e crudele da renderne fastidiosa quasi la visione (n.b. interpreta due personaggi imparentati genealogicamente ma che hanno vissuto in due epoche diverse).
Sam Heughan, scozzese verace, bellissimo, passionale, perfetto per quella parte. E infine Catriona Balfe, attrice e modella irlandese che all’inizio si fatica un po’ a decidere se sia il personaggio giusto per interpretare la determinata e intensa Claire, ma man mano che si procede nella visione, si conferma essere a mio avviso una scelta perfetta. Davvero bravissimi e con loro aggiungerei Graham Mc Tavish, di hobbittiana memoria, che interpreta Dougal il nobile zio materno di Jamie, che non riesce del tutto a nascondere sentimenti contrastanti verso Claire, la straniera.
Romanticismo, fantascienza, storia ed avventure epiche si condensano in questo racconto laddove la duplice storia d’amore è dovuta ad un viaggio temporale che porta Claire due secoli prima dopo aver toccato le pietre di Craig na dun; e le avventure e/o disavventure della stessa si collocano nel periodo degli scontri giacobiti dove gli scozzesi ribelli tentano invano di sostenere il ritorno degli Stuart al trono soccombendo in modo tragico all’allora esercito più potente del mondo, quello inglese.

Potrei stare qui a lungo a parlare di come sia impossibile non innamorarsi di Jamie, giovane guerriero bellissimo, valoroso e romantico, ma anche fedele alla sua famiglia e alle sue tradizioni tanto da pretendere che il matrimonio combinato avesse comunque tutti i riguardi e le attenzioni di una cerimonia sacra. Potrei altrettanto stare a lungo a parlare di Frank, professore di Oxford e studioso appassionato di culture antiche che alimenta la mente curiosa ed intelligente di Claire aiutandola anche ad orientare i suoi interessi al termine della Grande Guerra e rinnovandole il suo amore che, sebbene mutato dagli eventi, è reale e solido. E di Claire stessa in cui molte vorrebbero riconoscersi per l’audacia, il coraggio e l’intelligenza ma anche per la raffinatezza e delicatezza che non necessariamente devono venire meno in una donna che incarna il concetto di modernità, autonomia e libertà di pensiero.

Penso che dire che la saga e la serie TV mi sia piaciuta sia superfluo, che i personaggi mi siano entrati dentro altrettanto, ma quello che davvero non sopporto delle serie TV è che è tremendamente irritante per me attendere la produzione della seconda stagione! Meno male che a spegnere questo fuoco ci sono gli altri libri della saga (almeno altri 7!) che, come spesso succede, potrebbero ridimensionare irrimediabilmente il tutto nel giro di pochi mesi e riportarmi finalmente in quella dimensione da dove sono stata ‘portata via’ da questo incontro letterario.

domenica 1 febbraio 2015

“Brevi monologhi in una sala da ballo di fine Ottocento (i morti)” di Alessandra Paoloni

E’ come entrare in una sala da ballo e partecipare a un girotondo di pensieri di persone vissute quasi un secolo e mezzo fa. E’ come essere spettatori contemporaneamente della maschera, o del ruolo interpretato in quel momento e della più profonda intimità di persone così diverse ma così uguali nella visione disincantata della vita, che non lascia speranza di gioia o riscatto.

Ecco allora si susseguono il poeta, che disprezza i borghesi privi di gusto, la ragazza che realizza come l’imminente matrimonio combinato soffocherà a breve tutti i suoi sogni di libertà, l’innamorato non corrisposto che pensa al suicidio e la padrona di casa, che usa gli uomini a suo piacimento e osserva con sdegno i suoi invitati. E ancora lo scienziato che non contempla mai nei fatti le emozioni o i sentimenti rendendo sterile ogni sua osservazione, e il musicista che rimane come incagliato nella dimensione estetica della sua arte. E in questo rondò linguisticamente raffinato, che richiama le atmosfere del periodo tardo vittoriano, si stagliano gli stati d’animo e i pensieri così attuali di una società che finge di stare, che non si pone genuinamente e che si fa guidare dalle convenzioni e dagli opportunismi in un circolo vizioso di malinconico disprezzo e rassegnazione.

Brava la giovane autrice nella sua opera prima, che compie un esercizio poetico di inaspettato spessore a mio avviso, e che se solo avesse introdotto un elemento o personaggio che avesse aperto alla speranza, avrebbe elevato ancor di più la sua visione esistenziale di quella che possiamo definire la società senza tempo degli esseri umani.

domenica 25 gennaio 2015

Beatrix Potter, Pamela L. Travers e le divinità archetipiche femminili

Le riflessioni riportate nel mio post di oggi hanno origine dalle associazioni mentali che stimoli ed eventi degli ultimi giorni mi hanno suscitato: un film, due personaggi femminili vissuti tra fine Ottocento e Novecento e un convegno sull’ “Assertività nelle differenze di genere” tenuto da una mia collega e cara amica.
Ho perso il conto di quante volte ho visto ormai il film ‘Miss Potter’ (2006) di Chris Noonan con una Renee Zellweger brava, anche se con qualche caduta in smorfie e atteggiamenti già visti in altre situazioni, e un sempre credibile Ewan McGregor. E’ un film che parla della vita di Beatrix Potter, famosa illustratrice e scrittrice inglese vissuta nel tardo periodo vittoriano, famosa per i suoi libri per bambini in cui magici conigli, anatre e animali di campagna popolavano storie immaginarie. Il film è una bella sintesi dell’espressione artistica di una donna benestante che, sebbene libera da bambina di poter esplorare la natura in modo anticonvenzionale e con l’esclusiva compagnia del fratello, è stata poi costretta per le rigide regole e i modelli femminili del tempo a rinunciare agli studi e ad occuparsi della casa per lungo tempo. E’ la storia di una donna dalla fervida immaginazione, che ha colmato con i suoi dolcissimi personaggi l’assenza delle amorevoli cure della madre e della compagnia degli amici che l’infanzia di norma richiederebbe. E’ infine la storia di una donna che è riuscita nel tempo a riscattarsi, diventando autonoma grazie alle cospicue entrate derivate dalla vendita delle sue opere e che, sebbene la storia con il suo editore non sia finita bene, ha perseguito l’amore quello vero, quello che la società e la sua famiglia non riteneva adatto e all’altezza della sua posizione.

E mentre finivo di godermi questo film, per associazione mi è venuta in mente Pamela L. Travers, l’autrice di Mary Poppins, artista complessa anglo-australiana di inizio Novecento magnificamente interpretata da Emma Thompson in ‘Saving Mr Banks’ (2013) di J. Lee Hancock. L’associazione deriva dal fatto che anche in questo caso il genio artistico si è manifestato per un’esigenza personale, uno stato di disagio o malessere tanto più evidente per Pamela che per Beatrix, dal momento che si è venuto a sapere che poco meno che adolescente, scrisse questa storia per consolare se stessa e i suoi fratellini dalla triste evidenza dello stato depressivo della madre e dal dramma dell’alcolismo di un padre fallito a cui era profondamente attaccata. Associazione dovuta anche al fatto che, sebbene in modo diverso dalla Potter, Pamela ha saputo riscattarsi da un’infanzia difficile, trasferendosi in Inghilterra, lavorando per mantenersi e prendendo decisioni che la società non riteneva proprie delle donne, quale quella di adottare un figlio da single.
E in ultimo ieri sera, mentre partecipavo ad un ciclo di incontri sul tema dell’assertività e, nello specifico, all'esposizione di ciò che distingue il genere femminile e maschile e di come in realtà entrambi siano presenti in ognuno di noi determinando in modo diverso il nostro stile comunicativo, ecco l’ultima associazione. Mentre la relatrice parlava di come gli archetipi, che, come Jung insegna, sono i modelli di comportamento istintuale che popolano l’inconscio collettivo, siano i responsabili dei diversi comportamenti che distinguono le donne fra di loro, e di come diverse dee agiscano in noi e cerchino di emergere ed affermarsi, ho cercato di focalizzare quali divinità archetipiche abbiano prevalso in Beatrix e Pamela. Nello specifico mi sono fatta l’idea che due dee in particolare in entrambe le scrittrici abbiamo lottato per predominare e determinare le loro personalità e i loro comportamenti, non senza generare conflitto interiore e momenti di confusione: Artemide e Persefone. La prima infatti, è la dea esploratrice e determinata, che basta a se stessa e rappresenta l’archetipo della libertà di espressione ma anche di stile di vita, molto orientata a raggiungere il suo obiettivo a discapito della sfera emotiva, dell’amare e prendersi cura degli altri.
La dea Persefone invece, che rappresenta la dualità della ‘Kore’, o dea fanciulla dipendente, e della signora degli Inferi, dea matura e guida delle anime perse, rappresenta l’archetipo della donna fragile, dipendente e bisognosa della protezione altrui che però, se riesce ad esplorare gli strati più profondi del proprio sé, giunge poi ad essere donna consapevole e recettiva ai cambiamenti.

Ecco spiegato dunque cosa ho trovato in comune fra Beatrix Potter, Pamela D. Travers e l’espressione delle divinità archetipiche attraverso le associazioni mentali..