E’ come entrare in una sala da ballo e partecipare a un
girotondo di pensieri di persone vissute quasi un secolo e mezzo fa. E’ come
essere spettatori contemporaneamente della maschera, o del ruolo interpretato
in quel momento e della più profonda intimità di persone così diverse ma così
uguali nella visione disincantata della vita, che non lascia speranza di gioia
o riscatto.
Ecco allora si susseguono il poeta, che disprezza i borghesi
privi di gusto, la ragazza che realizza come l’imminente matrimonio combinato
soffocherà a breve tutti i suoi sogni di libertà, l’innamorato non corrisposto
che pensa al suicidio e la padrona di casa, che usa gli uomini a suo piacimento
e osserva con sdegno i suoi invitati. E ancora lo scienziato che non contempla mai
nei fatti le emozioni o i sentimenti rendendo sterile ogni sua osservazione, e
il musicista che rimane come incagliato nella dimensione estetica della sua arte.
E in questo rondò linguisticamente raffinato, che richiama le atmosfere del
periodo tardo vittoriano, si stagliano gli stati d’animo e i pensieri così
attuali di una società che finge di stare, che non si pone genuinamente e che
si fa guidare dalle convenzioni e dagli opportunismi in un circolo vizioso di
malinconico disprezzo e rassegnazione.
Brava la giovane autrice nella sua opera prima, che compie un esercizio
poetico di inaspettato spessore a mio avviso, e che se solo avesse introdotto
un elemento o personaggio che avesse aperto alla speranza, avrebbe elevato
ancor di più la sua visione esistenziale di quella che possiamo definire la
società senza tempo degli esseri umani.