La lunga pausa
che mi sono presa nel postare qualche nuovo pensiero è dipesa in buona parte da
tutto ciò che è ruotato attorno alla bella vacanza appena trascorsa nella
seconda settimana di luglio: la preparazione in tempo reale mentre si stava
ancora lavorando, la partenza, i virus micidiali che ancora da questo inverno
non ci hanno dato tregua e, finalmente, il viaggio, sono stati davvero
impegnativi ma poi è arrivato il soggiorno vero e proprio. Meta prescelta, per
quest’anno per noi fortunato in termini vacanzieri, la Sicilia.
L’obiettivo era
il riposo totale (per quanto di totale si possa immaginare con due bimbi
piccoli) per cui il villaggio con formula ‘all inclusive’ ha fatto davvero al
caso nostro. Ma vista la meta, come non dedicare almeno qualche ora a una
visita che mi avrebbe permesso di tuffarmi negli splendori della Magna Grecia?
Purtroppo le zone più conosciute e meritevoli di visita erano distanti dalla
Costa del Sole dove eravamo noi, distanti abbastanza da non mobilitare tutti
per un’intera giornata con annessi e connessi (ricordiamo il tema del ‘riposo’..).
Ma fortunatamente nel programma variegato delle escursioni previste
dall’organizzazione ce n’era una che prevedeva una visita proprio a pochi
chilometri dal villaggio, con andata e ritorno in mattinata, a Tindari antica e
piccola cittadina arroccata su un colle-promontorio fronte mare. Detto e fatto
e, nonostante la compagnia fosse stata ridotta da 4 a 2 a causa della tosse più
febbre che ha pensato bene di minare le vacanze (senza peraltro riuscirci..),
sono riuscita ad assaporare le meraviglie degli antichi, lo splendore
misterioso delle opere compiute e molto bene conservate dagli agenti atmosferici che ancora oggi tanto ci comunicano e tramandano come doveva essere la vita del 400 a.C. e dei secoli successivi.
Tindari è famosa
più per il santuario che conserva la preziosa e miracolosa statua della
‘Madonna Nera’, di probabili origini bizantine, che si narra essere approdata intorno
al 762 d.C. sulla costa a seguito di una tempesta, e che lì fu abbandonata dai
marinai che dovettero liberarsi di diversi carichi e oggetti per poter
risalpare velocemente. E’ stata quindi Lei a scegliere dove fermarsi e dopo
diverse vicissitudini, rimasta integra nonostante gli attacchi di saraceni e
altri conquistatori, ha finalmente trovato posto definitivo in quello che oggi
è il sontuoso ‘Santuario della Madonna della Rocca’ che svetta dal colle, meta
tutt’oggi dei pellegrinaggi dei fedeli che rendono omaggio alla santa
protettrice dei naviganti e delle anime in pena. Altra caratteristica unica che
completa l’aurea mistica di questo splendido posto è lo strano fenomeno
chiamato del ‘mare secco’ o dei ‘laghi salini’ che incorniciano la costa
sottostante il colle.
Il mare ritirandosi infatti dalla costa ha formato delle
ampie pozze di acqua salata o laghi naturali che assumono le forme più
disparate modificandosi in continuazione. Uno di questi, nel 1985 e per un
lungo periodo successivo, ha anche preso le forme dell’immagine sacra della
Madonna, coincidenza forse, ma anche segno ulteriore che qualcosa di sacro
permea questo incantevole posto.
Ma è in
particolare sulla mitica città di Tindari che la mia passione per il mondo e la
cultura greca ha trovato modo di rinvigorirsi nell’osservazione dal vivo del sito
archeologico fra i più suggestivi che ho visto nei miei viaggi. Non particolarmente esteso, la città di Delphi
in Grecia o Pompei ad esempio sono notevolmente più grandi, il sito permette
nella sua distribuzione di avere una visuale complessiva di come era stata
sapientemente costruita la struttura urbana, dall’acropoli alla zona dedicata
agli incontri pubblici fino al teatro luogo di arte e cultura. Tutto ciò
maestosamente eretto fronte mare dove magnifici tramonti
da sempre
caratterizzano il concludersi delle giornate. Sono stati gli Spartani, popolo
forte e orgoglioso, che, sconfitti ed esiliati dagli ateniesi nel V secolo a.C.
ma accolti benevolmente da Dionisio I° Tiranno di Siracusa, costruirono sotto
il mandato del loro ospite quella che diventò per lungo periodo la città
fortificata più famosa e inattaccabile del periodo greco-romano e uno dei porti
commerciali più floridi del Tirreno. Il massimo periodo di fulgore la città lo
raggiunse sotto l’impero di Cesare Ottaviano Augusto che liberò la Sicilia
dalla minaccia Cartaginese e ne decretò ancora il dominio nei traffici
commerciali del periodo, incrementando l’esportazione dei beni prodotti nel
fertile e rigoglioso territorio interno. La città subì molte modifiche e crebbe
ulteriormente in splendore. Fu modificato il tempio per poter accogliere i
giochi ludici e i combattimenti tanto amati dai romani, fu costruito un
imponente edificio a sei archi e più piani di cui ancora oggi si discute se
fosse sede di un ginnasio, meno probabile di una basilica, o di sicuro sede di
incontri pubblici; furono costruite ville patrizie meravigliose con giardini
interni, mosaici e cisterne d’acqua private. L’acropoli, su cui oggi risiede il Santuario della Madonna Nera, era sede di un maestoso tempio dedicato alla dea Cibele e più sotto su quello che oggi è chiamato Colle Giove c’era un tempio dedicato al padre degli Dei. Caratteristica straordinaria della città fortezza erano inoltre le ciclopiche mura che la circondavano tutta in una doppia fila alta quasi 7 metri.
Potrei continuare
ancora e ancora nella descrizione dei particolari ma voglio invece concludere
con la sensazione che ho provato in quelle poche ore trascorse in questo
silenzioso e assolato posto, dominato dai colori verde e blu, circondato dalla
tipica vegetazione mediterranea e permeata dal suono del verso delle cicale che
la fanno da padrona in questa stagione: una sensazione di grande meraviglia, ma
anche di pace interiore e rispetto che mi faceva facilmente indovinare ed
immaginare come si muovevano gli abitanti di quel tempo in quegli spazi,
vestiti di semplici
vesti o tuniche leggere e calzari di cuoio, di come
trascorrevano le ore della giornata passando dai momenti dediti al lavoro, al
momento dei bagni nelle splendide terme, alle ore dedicate ai riti sacri
piuttosto che ai momenti lieti nell’assistere a una commedia o tragedia
magistralmente rappresentata. E’ grazie e attraverso questi popoli lontani ma
già così elevati nel pensiero e nelle opere che siamo diventati quello che
siamo e che realizziamo quanto ci circonda oggi. Come dice il mio caro amico
Renato non a caso e non può essere che grazie a qualcosa di ‘più elevato’ che
l’uomo si contraddistingue da tutto il resto del mondo animale.
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