lunedì 8 ottobre 2012

La professione dell'Istitutrice nell'800


In un precedente post avevo scritto che una delle finalità sociali prime delle donne dell’Ottocento e in particolare di quelle del ceto medio, che per lo più non potevano godere di una rendita significativa e tanto meno del passaggio di proprietà della tenuta che era diritto esclusivo di figli o parenti maschi, era l’istituto del matrimonio, combinato o meno che fosse. Questo infatti, anche se non basato sull’amore, permetteva un dignitoso distacco dalla famiglia di origine a cui sarebbe altrimenti rimasto il fardello di  mantenere una figlia, che non solo si sarebbe dovuta occupare delle cure degli anziani genitori, ma il cui destino alla morte degli stessi non sarebbe stato molto promettente. Charlotte, cara amica di Elizabeth Bennet la protagonista di ‘Orgoglio e Pregiudizio’ di J. Austen, è l’esempio migliore di come una saggia ragazza di quei tempi si sia mossa in base al principio di realtà, non lasciandosi trascinare da sentimentalisti e giudicando un buon partito anche il discutibile Mr. Collins.
L’Ottocento è anche il periodo storico in cui le donne cominciano il difficile processo di riscatto e di conquista di una nuova identità (o a dirla tutta dell’identità) e in particolare quelle del ceto medio cominciano a distinguersi in ruoli professionali culturalmente più elevati che le aiutano ad affrancarsi dalle convenzioni più conservatrici e a rendersi economicamente autonome.
Uno dei mestieri che cominciò a garantire questo processo ad esempio è quello dell’Istitutrice che viene ben descritto in particolare da Charlotte e Anne Brontë, la prima nel suo romanzo più bello e famoso ‘Jane Eyre’ , la seconda nel suo unico e discreto ‘Agnes Grey’.
Mi incuriosiva così provare a tracciare in breve un piccolo ritratto di questo mestiere professionale tutt’altro che banale a mio avviso.
Innanzi tutto la formazione e le conoscenze dell’Istitutrice erano importanti per l’epoca e diffuse in diverse discipline. Essendo gli allievi tipicamente i giovani rampolli di ricche famiglie nobili, quello che ci si aspettava dall’Istitutrice era l’insegnamento della lettura e scrittura, dell’aritmetica, del disegno, della geografia e storia e di una o più lingue straniere (essendo l’ambiente a cui mi riferisco l’Inghilterra, il Francese era la seconda lingua studiata seguita a volta anche dal Tedesco). Questo valeva sia per i bambini che per le bambine. Inoltre quando l’attività educativa era rivolta alle ragazze, l’Istitutrice doveva insegnare anche musica, pianoforte in particolare, cucito, buone maniere, cura della persona e portamento, nonchè gestione domestica soprattutto in termini di amministrazione economica delle spese e di gestione del personale di servizio. Quest’ultimi due in realtà spesso erano gli insegnamenti appannaggio delle nobili madri o zie che in qualche caso però dovevano venire rinforzati in alcuni aspetti anche dalle Istitutrici. Le altre materie come botanica o scienze di altro tipo per i ragazzi erano invece di competenza dei Precettori, almeno finchè i ragazzi non erano mandati nei collegi d’elitè a completare gli studi.
La formazione culturale delle Istitutrici poteva essere o frutto di studi condotti all’interno della famiglia, tipicamente laddove padri o fratelli erano pastori della Chiesa (Agnes Gray nell’omonimo romanzo o le sorelle del reverendo St.John Rivers, Mary e Diana, in ‘Jane Eyre’), o, come nel caso della stessa Jane Eyre, frutto degli studi condotti in collegi femminili anche se simili a veri e propri inferni da dimenticare.
Lo stipendio non era granchè, ma visto che vitto e alloggio erano garantiti, vivendo modestamente, queste ragazze riuscivano a mettere via anche qualche risparmio o a mandarlo alla famiglia se questa era in condizioni poco abbienti.
Il trattamento poi che veniva riservato a queste giovani insegnanti da parte dei padroni era davvero sconcertante. Lo descrive bene Anne Brontë quando narra dei trattamenti ricevuti sia da parte dei giovani allievi, fra dispetti e angherie di vario tipo, sia da parte dei genitori degli stessi che attribuivano sempre e comunque le colpe dei vizi e dell’ignoranza dei figlioli all’incapacità dell’Istitutrice. La cosa poi peggiorava ancor di più a fronte del fatto che essendo quello dell’Istitutrice un ruolo di classe media, la persona che lo ricopriva era considerata un puro accessorio da disprezzare da parte dei nobili ,che comunque non ne potevano fare a meno, ed erano altrettanto mal viste dalla servitù perché considerate delle privilegiate. Come sempre però esistevano anche le eccezioni a quella che sembrava una tendenza di comportamento generale, come invece racconda Jane Austen nel romanzo 'Emma' , in cui descrive come l'amorevole Sig,ina Taylor, Istitutrice della facoltosa e orfana protagonista (Emma appunto), ne sia diventata a tutti gli effetti amica e confidente. 
Chi ama il genere letterario a cui mi riferisco sa bene che quanto scrivo non é solo frutto dell’immaginazione di scrittrici come le sorelle Bronte, ma è la realistica trasposizione delle loro esperienze vissute.
Per concludere, mi piace pensare che nel processo di riscatto di queste giovani professioniste di allora a molte sia andata bene come ad Anna, l’eroina realmente esistita a cui è ispirato il film di ‘Anna and the King’ (1999, regia di Andy Tennant con interprete Jodie Foster), giovane vedova inglese con un figlio, che per mantenersi decide di andare in Siam (la oggi Tahilandia) a fare l’Istitutrice presso la famiglia reale e alla fine si sposa niente popò di meno che il Re in persona.. per amore, s’intende, e quindi ‘Well done, Anna!’

7 commenti:

*Susycottage* ha detto...

Quanto mi piace leggere i tuoi post, Laura!! Parliamo la stessa lingua, parli di cose che adoro,che trovo molto interessanti e che quasi non trovo in nessun altro blog!!!
Grazie e continua così!!
Love Susy x

laura ha detto...

Grazie cara Susy, mi fa tanto piacere e stimola ancor di più il tuo commento!

Anonimo ha detto...

Salve, vorrei fare una precisazione, sempre non sbagliando, ovvio. Nel bellissimo film "Anna and the king" non mi risulta che i due protagonisti alla fine si sposino....si capisce che sono innamorati, se lo dichiarano, ma lei poi dovrebbe far ritorno in Inghilterra.
Il mio commento non vuole essere una critica, ma una precisazione.
Saluti
Je

Anonimo ha detto...

Salve, vorrei precisare, che nel bellissimo film "Anna and the King", i due non si sposano in realtà. Si dichiarano, ma niente di più, perché, se non ricordo male, lei alla fine decide di tornare in Inghilterra.
Spero di non sbagliarmi però!
Saluti,
Je

Anonimo ha detto...

Mi scuso, credo di aver mandato 2 volte lo stesso commento! Pensavo che il primo non fosse stato registrato!
Je

laura ha detto...

Ha ragione Je, ho rivisto la scena finale e in effetti lui le chiede un ultimo ballo dopo che si sono dichiarati e dopo che lei gli dice che tornerà in Inghilterra..sullo sfondo il primogenito del re ormai adulto, ricordando la scena osservata da ragazzo dice di lei " Anna aveva donato la sua luce al Siam". Grazie per la correzione, in effetti ricordavo un finale con matrimonio..o forse era solo il finale che mi piaceva ricordare ;)

Anonimo ha detto...

Grazie a lei per aver preso in considerazione il mio commento.
Je
p.s: comunque anch'io speravo in un finale più romantico per Anna e il re...a volte però bisogna accontentarsi di quelli che ci suggerisce la nostra fantasia. A presto